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sui chiarimenti ovvero le disanime riguardanti le vicende delle presenze fiammin- ghe a Napoli e nel Sud d’Italia, svolte nei pochi anni successivi all’uscita di quel vo- lume che purtroppo Previtali ebbe a disposizione; argomento che rappresentò, come sappiamo, il nucleo portante della comunicazione presso l’Istituto Olandese di Storia dell’Arte di Firenze. A una generale ‘questione meridionale’ si affiancò dunque una più particolare ‘questione fiamminga’. Tre sono gli interventi che si scalano tra il 1980 e il 1986: Fiamminghi a Napoli alla fine del Cinquecento: Cornelis Smet, Pietro Torres, Wenzel Cobergher, saggio del 1980, che fa parte del volume di studi in onore di Suzanne Sulzberger intitolato Relations artistiques entre le Pays-Bas et l’Italie à la Renaissance; la conferenza, te- nuta nel 1985 presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli ma pubblicata in volumetto nel 1991, avente per tema La pittura a Napoli tra Cinque e Seicento (nella quale, per la verità, la trattazione sui fiamminghi è limitata a Teodoro d’Er- rico e ad Aert Mytens, ovvero Rinaldo Fiammingo) e, del 1986, Presenze fiammin- ghe nel Mezzogiorno: Ettore Cruzer e Hendrick de Clerck, intervento al convegno La cultura degli arazzi fiamminghi di Marsala tra Fiandre, Spagna e Italia. A due anni dal suo fortunato volume sulla pittura del Cinquecento nel regno di Napoli e ritornando sul problema dei fiamminghi operosi nel sud della penisola, Previtali non poteva fare a meno di rilevare che per quanto riguardava quelle nor- diche presenze nel Meridione d’Italia «il più resta ancora da fare» . Ne tentava, 22 intanto, un ulteriore allargamento del loro catalogo, avvertendo comunque che, anche nei confronti dei pittori fiamminghi per i quali è stato possibile una connes- sione tra documenti e opere, «resta da stabilire una ragionevole seriazione» di que- ste ultime «che permetta di comprenderne lo sviluppo stilistico in rapporto a quello dei contemporanei italiani». Solo allora «sarà possibile rispondere con qualche at- tendibilità alla domanda su quale sia stato l’apporto propriamente fiammingo alla 23 cultura artistica del vicereame» . Il punto di partenza obbligato è la pala della Madonna del Rosario di Muro Lu- cano (1589-90), opera tarda, e documentata, di Cornelis Smet, morto pochi anni dopo, nel 1592. Di Smet Previtali analizza, da par suo, le qualità stilistiche e anche il ruolo nella comunità fiamminga, e non solo, a fianco di Teodoro d’Errico suo te- stimone di nozze, nel 1574, e nel 1592 affidatario del completamento di un’opera che Smet aveva lasciata interrotta al momento della morte. 22 Fiamminghi a Napoli cit., 1980, p. 209. 23 Ivi, p. 210. 25