Page 13 - libro_decennale
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riferito alle quattro statue del fastigio, al perduto altare, al ciborio con quattro an- geli, anch’esso perduto, e ai due busti di Caterina Orsini e Virginia Caracciolo, che già il Ceci ipotizzava opera di Silla Longhi, attribuzione alla quale De Mieri porta ora ulteriori elementi. A proposito di questi due busti pare indubbiamente singo- lare che le due principali committenti di tutto il complesso si siano ritagliate, nel- l’imponente apparato funebre, un ruolo sostanzialmente marginale: una forma di ‘controriformata’ umiltà in evidente contrasto con la clamorosa occupazione laica di uno spazio liturgico principale, sottolineata da De Mieri, e in piena epoca di Controriforma? Un’associazione di studiosi e di studi meridionali (anche se, nel caso degli stu- diosi, in maniera non esclusiva) non può non interrogarsi, a venticinque anni ormai dalla morte, su quale fu l’impatto di Previtali con l’arte e la cultura artistica meri- dionali e soprattutto quale fu il contributo dato dallo studioso alla crescita della loro conoscenza e, ancor più, della comprensione storico-critica di quel fonda- mentale settore del patrimonio artistico italiano. Immagino che quell’impatto con un ‘continente’, artistico in gran parte certo sconosciutogli, rappresentasse per Pre- vitali un’affascinante, emozionante scoperta; come lo fu, confesso, anche per me, quando arrivai a Napoli, ispettore di fresca nomina alla Soprintendenza alle Galle- rie, in un giorno di un acquazzone così violento da provocare una frana nella strada per Capodimonte (altro che ‘paese d’o sole’ pensai fra me!); e ricordo che avevo im- parato a riconoscere Solimena, di cui non avevo avuto prima sentore alcuno, rior- dinando qualche anno prima, giovane neolaureato, la fototeca di Giuliano Briganti. Solo che Previtali giungeva a quell’impatto ben più attrezzato e, per così dire, psi- cologicamente preparato, anche se, prima del suo ‘sbarco’ al Sud per ragioni di in- segnamento universitario, a Messina per pochi anni e poi, in pianta stabile a Napoli, il suo interesse diretto per l’arte meridionale, se non proprio inesistente, fu certo ab- bastanza marginale. Ma non per questo Previtali non era attento, e appunto at- trezzato, ai problemi dell’arte del Sud d’Italia, come dimostrò alla prima occasione, ritrovando, e pubblicando su «Paragone», i frammenti di un’opera napoletana di Tanzio da Varallo. C’è però da distinguere sui tempi. Il punto di svolta furono gli anni messinesi, a partire dal 1969 (e non è a caso che l’articolo su i Frammenti di Tanzio a Napoli ri- salga proprio a quell’anno). La cattedra a Napoli, dove succedette a Ferdinando Bologna, venne molto più tardi, quando Previtali già aveva dato alle stampe i suoi principali interventi di argomento meridionale e napoletano. Non ricordo quale fu l’occasione del sopralluogo di Previtali nell’archivio foto- 15
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